Il nome Lawsonia deriva dal medico inglese John Lawson che, nel 1709, descrisse in maniera precisa e particolareggiata questa pianta, mentre il termine inermis, che lo segue, si riferisce al fatto che la pianta è priva di spine; un sinonimo è Lawsonia alba.
E’ un arbusto, che spesso diventa arborescente e raggiunge i 6-7 m di altezza. Ha foglie opposte, lanceolate o obovate, e fiori piccoli, il cui colore varia dal bianco al rosato.La Lawsonia originaria delle regioni calde subtropicali e degli altipiani dell’ Africa centro-orientale, è coltivata però soprattutto in India, Iran, Tunisia, Egitto, Sudan, Arabia
La pianta, una volta attecchito, può sopravvivere anche fino a 100 anni. Il suo uso è molto antico, perfino nelle tombe dei faraoni egizi sono state ritrovate polveri ricavate dalle sue foglie e mummie con le unghie colorate con hennè.
Nell’industria tessile l’hennè è stato adoperato con successo nella colorazione di molte fibre; il suo uso in combinazione con vari sali inorganici ha permesso di ottenere una vasta gamma di colori,oltre a quello rosso originale. Se poi il filato viene messo a bagno, prima e dopo la colorazione in una soluzione acida, la tintura diventa permanente, resistente al lavaggio ed alla luce del sole.
L’hennè è utilizzato in Italia, come nel resto del mondo, soprattutto come tintura naturale per capelli, in alternativa, non certo in sostituzione, ai coloranti di sintesi chimica.L’hennè riflessa di rosso i capelli bruni, di rosso mogano quelli castani, colora in rosso medio i biondi scuri e in rosso carota biondi chiari e capelli ossigenati o bianchi.
In definitiva conferisce la medesima colorazione a tutti i capelli e le differenze sono dovute esclusivamente al colore di fondo sui quali è applicato.
Il principio più importante isolato dalle foglie della pianta è il lawsone, un naftochinone.
Il contenuto in lawsone delle foglie di hennè varia da regione a regione, ed il livello più alto è stato stimato attorno all’1%.
Il lawsone si lega alla cheratina, la proteina dei capelli, delle unghie e della pelle, colorando queste strutture, attraverso la formazione di legami di tipo elettrostatico. La molecola del lawsone, reagisce anche con i gruppi solforati e con i gruppi amminici presenti nella cheratina.
L’ambiente alcalino limita la capacità di legame tra fibra (lana, cotone, capello ecc.) e tintura, mentre un ambiente lievemente acido (circa a pH 5,5) favorisce una colorazione duratura. L’hennè al contrario delle tinture chimiche non penetra all’interno del capello, ma si deposita e lega sulle squame della cuticola. Si ha un effetto definito “sostantivante”, cioè il diametro del capello aumenta leggermente, e la capigliatura risulta anche più voluminosa e resistente agli agenti esterni.
La colorazione dei capelli con l’hennè è un caso particolare di usanza antica che non solo è riuscita ad arrivare fino ai nostri giorni, ma che, grazie alla assenza di potere sensibilizzante e spiacevoli reazioni allergiche, è tuttora in auge in tutti i paesi del mondo.
In commercio esistono preparati addizionati ai coloranti chimici che permettono di raggiungere rossi intensi impossibili da ottenere con la Lawsonia tale e quale. Tra questi coloranti, il più rinomato è il Picramato di sodio (CI 76540, un colorante per capelli), che in alcuni casi viene aggiunto alla polvere dell’hennè, a concentrazioni minime (intorno al 2-3%), e che trasforma l’arancio dell’hennè in rosso acceso: sono i cosiddetti hennè super-rinforzati.
L’henné che si trova in vendita è costituito da foglie disseccate e polverizzate, di colore da verde a bruno giallo-marrone, a seconda dell’età: quello più recente è verde, quello più vecchio è giallognolo. L’henné viene spesso mescolato a molti frammenti o foglie di altre piante, oltre a varie altre impurità (sabbia, terriccio), per cui si rende necessario standardizzarne il livello qualitativo, se si vuole ottenere una colorazione di intensità e riflesso costante.
Da www.phitofilos.it